Il mercato bici rallenta un po’, ma le e-bike non sembrano accorgersene: sarà che ‘sentiranno’ di meno la salita grazie ai loro motori e sensori di pedalata. E’ la foto scattata da Confindustria ANCMA (Associazione Ciclo Motociclo Accessori) in cui si spiega così l’andamento del mercato bici 2022, che segna un -10% sull’anno precedente.
Si tratta di un rallentamento «fisiologico»: l’altra faccia della medaglia degli incentivi, quella che non porta effetti e benefici strutturali. Ma anche il «complesso cambiamento di paradigma globale», che non ha risparmiato il settore ciclo: problemi di approvvigionamento, aumento dei costi, mancanza di prodotto e incertezze legate al contesto geopolitico.
Dati vendita: muscolari in calo, negozi in rialzo
Nonostante la flessione le stime delle vendite descrivono un Paese che sceglie la bici (ah però!) e sale ancora in sella dopo due anni di boom. Sono infatti oltre 1,7 milioni (1.772.000) le biciclette vendute nel 2022, con le eBike che, grazie a 337.000 pezzi, volano a +14% (+72% dal 2019) e le bici muscolari che registrano 1.435.000 acquisti, fermandosi a -15%.
A crescere è invece il volume d’affari generato dai negozi specializzati – dove si concludono oltre il 68% degli acquisti – dalla grande distribuzione e dalle vendite online, che insieme raggiungono il valore di 3,2 miliardi di euro, pari a un + 18% sul 2021 (+52% rispetto al 2019). L’analisi della tipologia di bici vendute conferma il successo di alcune delle ultime tendenze. Nel perimetro della pedalata assistita il 52% di biciclette sono infatti e-city, il 43% e-mtb, il 4% e-corsa/gravel, mentre le e-cargo salgono all’1%.
Le eBike rappresentano già il 19% del totale un mercato bici complessivo, dove il 29% è composto da mountain bike, il 26% sono invece city-trekking, il 15% quelle da ragazzo, l’8% corsa-gravel e il 2% quelle pieghevoli.
L’e-bike traina la produzione industriale
Anche gli indicatori industriali del comparto seguono l’andamento del mercato: la produzione di eBike sale del 10% rispetto all’anno precedente a seguito dell’aumento della domanda interna. Diverso l’esito delle vendite delle muscolari, che con 2.385.000 pezzi scende del 18% la produzione nazionale. Numeri che confermano tuttavia il primato dell’industria italiana del ciclo nel panorama europeo.
Il tema (delicato) delle importazioni e del reshoring. È, infine, sulla lettura della bilancia commerciale del settore, ovvero il conto che registra le esportazioni e le importazioni, che pesano maggiormente gli effetti di fattori quali la difficoltà nella catena di approvvigionamento e l’aumento del costo delle materie prime. Sebbene si registri una naturale diminuzione del 20% di export di bici muscolari e del 14% di import, il 2022 è infatti contraddistinto da un aumento generale dei valori di queste voci, soprattutto per quanto riguarda le importazioni di parti bici che salgono del 50% circa. Tema, quest’ultimo, che ha spinto ANCMA nelle ultime interlocuzioni con il Governo a considerare, anche in relazione alla strategia industriale dell’UE, di sostenere processi di reshoring, ovvero di riportare la produzione in Italia e in Europa di componenti, proprio per l’importanza economica e strategica del settore ciclo e la sua potenziale crescita.
Paolo Magri, presidente di ANCMA, sottolinea «l’importanza del ruolo che le due ruote a pedale hanno oggi conquistato nella mobilità e nello sport». Per Magri ora bisogna passare «dagli incentivi all’acquisto a quelli all’utilizzo; come associazione chiediamo, sulla scorta della recente indicazione del Parlamento europeo, di abbassare l’aliquota IVA sulle bici e sui prodotti della filiera: un intervento che, insieme alla promozione della cultura della bici, può attivare processi virtuosi ben più strutturali ed efficaci degli incentivi all’acquisto».