Sul Codice della Strada e il targare le biciclette possiamo (per ora) tirare un sospiro di sollievo. Il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini, infatti, ha precisato che l’annunciato obbligo di casco, targa, assicurazione e frecce riguarderà solo i monopattini elettrici, non le due ruote lente. L’errata corrige (chiamiamola così) è arrivata tramite un’intervista che il ministro ha rilasciato al quotidiano Libero.
La precisazione tramite un’intervista e non un comunicato stampa del Mit
Certo, sarebbe stato meglio che questa precisazione fosse passata attraverso i canali ufficiali come ad esempio la classica nota stampa o, perché no (?), un comunicato stampa vero e proprio a cura dell’Ufficio di Comunicazione del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (MIT). Nota e comunicato stampa, peraltro, sono prodotti simili ma non uguali in tutto e per tutto (e potrei anche spiegarvi il il perché) , ma.. insomma… una leva di comunicazione istituzionale andava comunque azionata. Un’osservazione non puntigliosa come si può pensare a una prima lettura, ma di sostanza e a cura del quotidiano Bikeitalia.it. Un prurito giornalistico su cui sono tutto sommato d’accordo. E’ anche vero che il giorno l’intervento del ministro l’articolo sul sito dello stesso Mit risultava depurato della parte legata alle biciclette.
Il testo ‘definitivo’ del Mit
«La legge conterrà un pacchetto di norme dedicate alla micromobilità: casco obbligatorio e contrassegno identificativo per i monopattini oltre all’assicurazione. Per questi veicoli inoltre sanzioni pesanti per la sosta selvaggia e per la guida contromano».
Chi piange e chi ride
Monopattini spenti. Insomma, come (non) si legge… le bici escono di corsa dal testo e dentro rimangono incardinati, anzi impallinati, soltanto i monopattini elettrici, mai come in questi ultimi mesi al centro di un dibattito sulla sicurezza stradale con prese di posizione perlomeno o discutibili. Come ho già ribadito più volte, non è il mezzo che uccide o che mette in pericolo, ma la sua condotta su strada: far mettere mantello e armatura a chi guida e assimilare il monopattino sempre più allo scooter significa solo sferrare un colpo basso alla micromobilità, non molto altro.
Esultano ciclisti, ciclomobilisti e costruttori. Nel frattempo associazioni, ciclisti e ciclombilisti tirano (per ora) un sospiro di sollievo. Ma non sono solo loro a farlo: c’è anche l’Ancma, l’Associazione Nazionale Ciclo Motociclo Accessori che peraltro aderisce a Confindustria. Infatti, appena uscita la notizia che le biciclette sarebbero state targate e assicurate i costruttori avevano subito espresso tutto i loro timore.
Più che timore, ancor meglio, una «forte preoccupazione», manifestata attraverso un comunicato stampa uscito a ridosso della notizia. Un testo con cui l’associazione prendeva posizione contro la proposta di introdurre assicurazione, targa, casco e frecce obbligatori per le biciclette. «Si tratta di misure che non vanno nella direzione di ottenere maggiore sicurezza, per la quale – si legge nel comunicato – serve un impegno strutturale ed educativo a tutela di chi utilizza la bicicletta, che è un utente debole della strada”.
Lo stesso presidente Ancma, Paolo Magri, spiegava come l’associazione avesse già inviato lo scorso marzo «una lettera dettagliata al ministro competente, attraverso la quale non solo abbiamo sottolineato il valore del comparto ciclo, che in Italia genera un volume d’affari di oltre 3,2 miliari di euro, ma abbiamo anche evidenziato che il nostro sarebbe l’unico Paese in Europa, dove tra l’altro l’utilizzo della bici è ampiamente più diffuso che in Italia, ad introdurre questi obblighi».
L’unione fa la forza
Tutto questo cosa ci insegna? Che l’unione fa la forza, osservazione ovvia se non banale. In un Paese storicamente diviso in Stati e staterelli, sempre alle prese con le proprie beghe di cortile, è bastato che le Associazioni di categoria si compattassero a testuggine per dire ‘no grazie’ a un provvedimento che sarebbe stato davvero unico nel suo genere. Ribellarsi tutti insieme a questa ‘attenzione’ viscerale e allo stesso tempo controproducente. Un provvedimento che non avrebbe tutelato affatto il nascituro pedalatore urbano, piuttosto lo avrebbe gettato tra i pericolosi mulinelli del fiume di auto che ogni giorno strangolano, loro sì, le nostre amate città.
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