Critical Mass e Safety in numbers, il contagio virale (e anche un po’ virile) della massa

Partecipare a un evento di Critical Mass come la Ciemmona2021 oppure al primo appuntamento organizzato come il Bikeitalia Day allarga gli orizzonti e getta le basi per un futuro migliore, se possibile a due ruote lente e ovunque. «Sì, va beh, ma perché dovrei interessarmi alla critical mass o ad altre iniziative del genere? Solo perché se ne parla proprio in questi giorni? Io se voglio andare o non andare in bicicletta lo faccio a prescindere dagli altri, chissenefrega!». Molte di queste riflessioni le ascolto da amici e conoscenti: anche se vorrebbero ‘ma non possono’, davanti a manifestazioni di questo tipo restano comunque tiepidi, quando va bene, o scettici il più delle volte.

Il concetto di Critical Mass

Intanto non tutti sanno cosa sia una CM. Si tratta di uno ‘strumento di lotta’ (pacifica, ndb) adottato da ciclisti di tutto il mondo per rivendicare maggiore spazio per le biciclette. L’idea di base è che una “massa” di ciclisti possa ingombrare lungo la strada perché crea volume, così da farsi notare anche dagli automobilisti più sbadati. Si pedala tutti insieme, partendo allo stesso momento, muovendosi in massa lungo le vie della città. E come già rimarcato più volte nel blog… senza una meta precisa. Qui spiego perché non si traccia un percorso definito a inizio evento.

Il nome della CM, poi, ha origini lontane. I più esperti sostengono che sia addirittura legato alla Cina. Laggiù, dove il traffico automobilistico si può definire perlomeno ‘sostenuto’ (eufemismo), un ciclista da solo difficilmente riuscirà a bloccare il flusso di auto e attraversare in sicurezza: per farlo sarà costretto ad attendere l’arrivo di altri suoi colleghi e fare così massa critica. Il concetto attinge più banalmente a quello di transumanza, del muoversi in gregge o, se volete, dell’unione che fa la forza. Chiamatelo come vi pare, sta di fatto che 10 o 100 biciclette che si muovono insieme fanno massa e sono visibili perfino a chi non stacca mai il piede dall’aceceleratore..

Il primo esempio tangibile di CM lo si è registrato a San Francisco nel lontano 1992, anche se poi si sono via via contati un po’ in tutto il mondo, perfino nella civilissima Copenhagen. Da noi Milano e Roma hanno fatto da apripista dieci anni dopo, nel 2002. Pare che quella volta a partire fossero addirittura una manciata di gruppetti compresi tra le 15 e le 50 persone. Pionieri!

Safety in numbers, più ciclisti uguale più sicurezza

Chiarito il significato di Critical Mass, soffermiamoci un istante sul concetto del ‘più siamo e meglio stiamo’ o, meglio, del Safety in Numbers (sicurezza correlata ai numeri), dal nome della campagna promozionale a cura dell’organizzazione inglese Ctc, che a sua volta aderisce alla più ampia Ecf(European Cyclists Federation).

Il nucleo centrale è sempre rappresentato dalla massa che però, a differenza della nazional popolare Ciemmona, non muove un muscolo né si esaurisce nell’arco di tre giorni. Al contrario indica l’esigenza di un moto (ciclico) perpetuo grazie alla pedalata quotidiana di migliaia di persone, che per muoversi scelgono sella e manubrio anziché cambio e volante.

Senza addentrarci troppo nei tecnicismi, esistono diversi studi in grado di spiegare questo concetto. In poche parole il tasso di mortalità in sella è inversamente proporzionale alla quantità di bici in circolazione. In sostanza più ciclisti e meno morti. Di seguito il link allo studio curato da Robert Geffen, direttore della Campagne e delle Poltiche del Ctc, chi vuole può scaricarlo e provare a immaginare cosa accadrebbe se ogni giorno ad andare in bici fossero il doppio o il triplo di quelli che già lo fanno adesso. Cosa accadrebbe se la domenica ecologica (prevista peraltro poche volte all’anno) diventasse un giorno qualunque?

Infografica Fiab molto interessante e che spiega il contesto in modo chiaro: se si raddoppiano i ciclisti il rischio per km si riduce del 34%

Perché la strada è di tutti

In ogni caso, si tratti di Ciemmona o di qualsiasi altro appuntamento, avere cura di chi vuole andare in bicicletta richiede un impegno che deve partire dal basso e che va agevolato in ogni modo. Troppe le auto e i mezzi inquinanti che circolano fin dentro i millenari centri storici delle nostre città. A titolo personale sono rimasto perlomeno perplesso quando ho letto che a Milano la Polizia Municipale non ha concesso l’autorizzazione al Bikeitalia Day. Ma come, aderiscono oltre 60 città d’Italia e mi blocchi al deposito la ‘locomotiva’ del Paese? In caso di raduno, questa la spiegazione alla base del ‘no’, si sarebbero violate le norme per il contenimento del Covid-19. Bene, benissimo: e il mega assembramento che si è creato quando ha vinto lo scudetto l’Inter o in occasione dell’ultima tappa del Giro d’Italia? Grosso, ma grosso ‘Mah’. Per non parlare del MiMo Motorshow, con cento ‘installazioni automotive’ dislocate nelle principali piazze e strade del capoluogo meneghino.

Alcune delle 100 installazioni automotive del MiMo in Piazza del Duomo a Milano

Tutti noi, o quasi, possediamo un’auto, perfino ibrida, e quando serve davvero prendiamola, per carità. Ma dev’essere un’esigenza irrinunciabile, non la regola.

In conclusione, allora, serviva, serve e servirà sempre più una poderosa azione dal basso. Questa, unita alla quotidianità silenziosa di chi prende bici e monopattini tutti i giorni senza battere ciglio realizzerà un cocktail mix sempre più dirompente, alla faccia di chi continua a girarsi dall’altra parte. Non facciamo muro contro muro e, soprattutto, non odiamo chi sceglie di muoversi chiuso negli abitacoli, ma intraprendiamo azioni pacifiche e, soprattutto, contagiamo chi ci sta vicino. C’è bisogno di una massa dal contagio virale, a tratti anche virile, per smuovere coscienze anestetizzate!

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