Incidenti stradali, prevenire è meglio che… commemorare!
Parafraso lo spot degli anni Ottanta di un noto dentifricio e metto subito il copyright! Lo faccio prima che qualche sciacallo del ‘copia e incolla’ ne faccia un cattivo utilizzo fino a inflazionarne e, dunque, a modificarne il significato. Fatto questo, prendo spunto dall’ennesima commemorazione di una vittima della strada e mi faccio rodere la cistifellea, sperando che passi a breve.
Due giorni fa a Terracina hanno istallato la ‘Panchina di Romeo‘, in modo da commemorare il piccolo Romeo Golia, falciato e ucciso a soli undici anni (11!!) mentre attraversava la strada sulle strisce (eh già!). Ci fanno sapere che per l’occasione è stato persino messo in sicurezza l’incrocio-teatro della tragedia. Ullalà!
Guardate, guardate il servizio a cura di Lazio Tv. Non vi si smuove la coscienza nel sentire le testimonianze dei genitori del piccolo? Ascoltate, ascoltiamo tutti lo strazio di Titti Pagano, la mamma di Romeo, mentre racconta ai colleghi che la intervistano di come sia riuscita a «trasformare il dolore, a dare un senso all’assenza». La mamma ha quindi ringraziato l’Associazione Lorenzo Guarnieri. La Onlus, da anni al fianco delle vittime sulla strada, ha finanziato relazione tecnica e rifacimento della segnaletica orizzontale e i led a terra nel passaggio pedonale dove Romeo e’ stato ucciso (la panchina è stata donata dal Comune di Terracina, ndb).
Commovente l’incipit sulla targa commemorativa della panchina: ‘La vita, come la strada, ha tante vie: percorrile, non correre’.
Perché vittime ‘sulla’ e non ‘della’ strada. Scegli la preposizione giusta
Spiego ai tanti, troppi ignoranti in materia (sopratutto nella nostra categoria quando si aggiunge un titolo ‘sbrigativo’ al proprio pezzo) la differenza che corre tra l’una e l’atra preposizione articolata. Scrivere ‘vittime della strada’ sposta l’attenzione solo sull’eventuale, anzi definirei ipotetica, pericolosità della strada dove si consuma la tragedia, deresponsabilizzando o nel migliore dei casi evitando di coinvolgere l’autore dell’investimento: lieve o mortale che sia.
Come le morti sul sul lavoro. A questo punto al lettore non sfuggirà l’utilità di scrivere ‘vittime sulla strada‘, proprio come si fa con le vittime contate ogni giorno sul lavoro. Se la narrazione mainstream definisce le morti bianche una una vera e propria piaga sociale, allora non vedo perché non definire allo stesso modo l’altra. I numeri sono simili ed è una lotta tra poveri. Si tratta di morti avvenute in circostanze tipiche di un Paese arretrato socialmente e culturalmente, pronto-anzi-prontissimo a commemorare con una panchina, un centro sportivo o un mazzo di fiori la tragedia consumatasi per mano di chi si mette al volante quando non dovrebbe, ma ancora refrattario al gioco d’anticipo, alla prevenzione delle morti stesse.
Il ruolo dell’Associazione Lorenzo Guarnieri
«Purtroppo a Terracina hanno ascoltato il 10 per cento di quello avevamo detto e scritto», mi risponde su Twitter lo stesso Stefano Guarnieri a margine di un mio post ‘di pancia’ sulla commemorazione del povero Romeo Golia.
Parliamo di un uomo che lotta ogni giorno con armi spuntate, che sogna di volare ancora, sì, ma (suo malgrado) con ali di cera. Lui che nel 2010 ha perso suo figlio diciassettenne Lorenzo in una circostanza simile, ucciso e falciato da un automobilista ubriaco e drogato! Da allora vive per aiutare gli altri. Di recente spiega le regole (non rispettate) del gioco anche a Luca Valdiserri, il bravissimo collega decano del Corriere della Sera che ha perso pure lui il figlio Francesco, ucciso e falciato (e tre!) a 19 anni su un marciapiede a Roma.
Sentite qua che mi scrive Stefano a proposito della commemorazione della tragedia di Terracina : «La cultura del ‘non si deve rallentare la fluidità del traffico’ permea chi amministra. Devo prenderla positiva – mastica amaro Guarnieri padre – e pensare che rifare la segnaletica di un passaggio pedonale sia un primo passo». Ci sarebbe da ridere, invece c’è da piangere: e manco poco! Il mondo che (qui da noi) va alla rovescia: abbiamo papà Stefano Guarnieri che più passa il tempo e più diventa ‘senior’, che ‘spiega le cose’ a una lunga fila di genitori tirocinanti la cui vita si è conclusa insieme a quella dei loro figli volati in cielo! Niente da fare, non la mando giù: io – da padre – impazzisco!
Oltre 200 morti dal 1 gennaio al 6 agosto di quest’anno
Intanto la fila di familiari uccisi dentro, la scia di morti sulle nostre strade si allunga sempre di più. Non ci credete? Leggete qui. Dal primo gennaio al 6 agosto di quest’anno, i dati sono freschi come uova di giornata (!), sono stati ben 238 i decessi sulle strade italiane. La statistica è contenuta nel report dell’Osservatorio Pedoni di Aasaps (Associazione Sostenitori e Amici della Polizia Stradale).
Decessi post incidente. Numeri probabilmente parziali, visto che non tengono degli eventuali decessi che potrebbero avvenire a seguito di questi incidenti. La casistica ne è piena e che poi va a finire spesso così ormai lo sanno pure i muri. «Istat infatti – raccontano all’Aasaps – conta solo i decessi nei primi trenta giorni dal sinistro. Nell’ultima settimana sono stati 10 i decessi tra gli utenti più vulnerabili, con ben 2 episodi di pirateria, tra cui quello accaduto nel veronese, con un ragazzino di 13 anni che se fosse stato soccorso avrebbe potuto farcela».
Morire sulle strisce. Il report Asaps segnala come al solito sempre il solito dato. «Molti pedoni sono stati uccisi nel luogo più sicuro: sulle strisce pedonali dei centri urbani, nonostante sia prevista la perdita di 8 punti dalla patente in caso di mancata precedenza da parte dei conducenti di veicoli. O addirittura sono stati uccisi mentre camminavano tranquilli sul marciapiede. Nel Lazio è una vera strage con 40 decessi, quasi un sesto del totale, di cui ben 20 a Roma. Seguono il Veneto e la Lombardia con 25 decessi».
Chi sono i più vulnerabili? Dal report ASAPS gli anziani risultano i pedoni più indifesi: ben 112 avevano più di 65 anni (oltre il 45%). Purtroppo 11 pedoni avevano meno di 18 anni, di cui due deceduti ad aprile, uno a giugno, un piccolo in Veneto e una bimba di appena sei anni, in fuga dalla guerra in Ucraina e morta a Potenza, e l’ultimo il 13enne a Negrar di Valpolicella, lo scorso 31 luglio.
Sì, prevenire questa mattanza è meglio, assai meglio, che commemorare! Ma, aggiungo e concludo, comporta più impegno e capacità.