Piano Nazionale sulla Sicurezza Stradale, in attesa dell’approvazione le associazioni chiedono modifiche urgenti

Il Piano Nazionale sulla sicurezza stradale 2030 messo a punto dall’attuale governo, sta facendo venendo venire l’orticaria non solo ai pedoni, ma soprattutto ai ciclomobilisti e, di riflesso, anche chi utilizza il monopattino. 

Associazioni, movimenti e media specializzati, infatti, hanno inviato una relazione al ministro delle Infrastrutture e Mobilità Sostenibili, Enrico Giovannini con cui si chiede di rivedere l’impostazione generale del PNSS, il Piano Nazionale di Sicurezza Stradale 2030. Il documento è stato trasmesso dal dicastero di Via Nomentana alle Camere lo scorso 16 novembre ed è in attesa di un parere da parte del Senato, che dovrebbe esprimersi proprio il 30 di questo stesso mese. A firmare la relazione, tra gli altri, Salvaiciclisti, Greenpeace Italia, Legambiente, Fondazione Michele Scarponi e, come testata giornalistica impegnata su questi temi, anche Bikeitalia. Di seguito l’intero documento con le osservazioni e la richiesta finale.

Così com’è scritto, racconta l’utenza considerata fragile, il Piano sembra ricalcare lo schema autocentrico avviato attorno agli anni Sessanta. Altro che la tanto attesa rivoluzione copernicana con cui sarebbero dovuti mettere al centro della strada, a questo punto in ogni senso, pedoni e due ruote lente. «L’impostazione del Piano – lamentano i firmatari della richiesta – si poggia diffusamente sulla responsabilizzazione di chi la violenza stradale la subisce: pedoni e ciclisti, bambini e anziani, sfociando nella colpevolizzazione delle vittime (fenomeno spesso inconsapevole e già tristemente conosciuto come “victim blaming” nel campo della violenza di genere). Di contro, traspare una deresponsabilizzazione di chi invece i sinistri li causa, i conducenti dei veicoli a motore, secondo tutti i dati statistici che vedono come prime tre cause la velocità eccessiva, la distrazione alla guida e la mancata precedenza. Questa errata impostazione di fondo, che condiziona poi molte delle conclusioni del piano, allontana l’Italia sempre di più dagli attuali obiettivi dell’UE che prevedono di ridurre quasi a zero (cosiddetta Vision Zero) il numero di vittime della strada entro il 2050, piuttosto che seguire l’esempio dei paesi che hanno conseguito i migliori risultati in termini di sicurezza stradale».

Insomma: da una parte c’è l’Europa, che chiede Vision zero, ovvero zero vittime stradali entro il 2050, mentre dall’altra abbiamo un piano sulla sicurezza in strada in cui si insiste sull’effettivo rinnovo del parco auto, ma soprattutto su una certa  deresponsabilizzazione degli utenti forti e, al contrario, sulla maggior responsabilizzazione di quelli deboli. Al contrario servirebbe apportare dei correttivi in corso d’opera quali, ad esempio, l’utilizzo dei tutor sulle strade extraurbane, l’effettivo rispetto dei 30 km orari in ogni città, e favorire interventi sul Codice della Strada per rendere legittimi e applicabili tutti gli strumenti di moderazione del traffico (cuscini berlinesi, allargamento dei marciapiedi, etc. )

Di questo si è parlato anche nel corso della diretta su Opinioni Incluse, il rotocalco a due ruote lente in onda sul Gruppo Facebook Vita a Due Ruote. Ospiti della puntata Manuel Massimo, direttore di Bikeitalia.it che per prima ha richiamato l’attenzione al problema, Enzina Fasano di Salvaiciclisti – Roma , Luca Simeone di Napoli Pedala e Fulvio Rapetti del Gruppo Facebook #genovaciclabile. Addetti ai lavori schierati in prima linea e grazie ai quali è stato possibile fare il punto sul tema dei temi: cosa accadrà alla mobilità sostenibile in Italia nei prossimi 10 anni? Sarà top, flop, oppure il solito compromesso all’italiana? Ascoltate..ascoltate bene!!

La diretta streaming durante il rotocalco ‘Opinioni Incluse’, in onda sul Gruppo Facebook Vita a Due Ruote

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