Piste ciclabili a Genova, proposto pure il test per sapere quanto si utilizzano

Piste ciclabili a Genova, peccato doverla buttare un pizzico in politica. Epperò quando è addirittura il vicepresidente del Senato Ignazio La Russa a proporre un test per verificare se davvero le piste a Genova siano utilizzate oppure no, allora qualche considerazione se la fa perfino l’ultimo tra le decine di ciclisti urbani italiani.

I fatti sono questi. Pochi giorni fa l’onorevole La Russa è intervenuto a margine della chiusura della campagna per le elezioni regionali di Fratelli d’Italia, poco prima dell’arrivo leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni. Queste, in sintesi, le sue parole: “Vorrei chiedere al sindaco di rivedere queste piste ciclabili così invasive. Ci vogliono, è giusto che ci siano, ma ho visto due biciclette passare e 100 macchine in coda a due chilometri all’ora”, La Russa pare sia rimasto a sua volta in coda per raggiungere il palco in Corso Italia. Quindi la proposta: “Facciamo un test per un mese – ha detto -. Se servono (le piste, ndb) bene, altrimenti troviamo il modo che non siano così massive“. 

Ora, partendo dal presupposto che di percorsi ciclabili a Genova, ma più in generale in tutta la Liguria, ce ne vorrebbero sempre di più, la proposta del leader di Fratelli d’Italia non va demonizzata. Per l’intero pianeta della mobilità dolce ligure, infatti, sarebbe riduttivo e controproducente raffigurare la Lanterna come un semplice faro che un momento illumina il volto del bene e un’altra volta quello del male. Sarebbe fin troppo banale, da uomini che conducono una vita a due ruote, cedere all’istinto di ribattere, stizziti, alla sola idea di proporre un test del genere. La risposta da dare, ascoltando solo la pancia, sarebbe che a Genova la pista ciclabile serve. Punto.

Poi, però, accarezzando il logos, viene comunque da porsi una domanda: siccome queste infrastrutture stanno via via dividendo l’opinione pubblica nazionale così come faceva il calcio prima del Covid, non sarebbe forse il caso di sbrigarsi e installare rastrelliere in punti strategici in modo da favorirne l’utilizzo quotidiano e non solo amatoriale? Se i ciclisti hanno dei punti sicuri a cui rifarsi e di cui fidarsi, a mio giudizio potrebbero davvero abbandonare l’auto per vivere la loro quotidianità…a due ruote. Insomma, eviterebbero di essere paragonati a ‘dopolavoristi’, tipo Filini e Fantozzi che gareggiavano alla conquista della Coppa Cobram. Che poi in questo modo ci considerano in molti: bambinoni che si rifiutano di viaggiare con la sicurezza (?) e soprattutto il comfort (???) che regalerebbe loro l’auto privata. Ergo… la massa. E noi, allora, che un po’ bambinoni lo siamo se non altro perché non smettiamo di sognare un mondo (a 2 ruote) migliore di questo, incassiamo ma rilanciamo.

Bisognerà continuare a lavorare sodo per evitare di offrire pretesti utili a chi non è convinto della bontà delle piste ciclabili. A Genova, così come Milano e Roma, ad esempio, appare del tutto evidente la necessità di quello che all’Università prof e ricercatori ti insegnano a chiamare cocktail mix: una strategia di interventi l’uno concatenato all’altro. Più piste ciclabili, più autobus, più tram, più isole pedonali eccetera. Sotto il segno ‘meno’ invece, mettiamoci le strisce blu (che ad oggi chi possiede un’auto ibrida neppure paga) e, direi, perfino alcune linee di metropolitane. O meglio: costruiamone di leggere, in superficie. In teoria dovrebbero costare meno di quanto costerebbe realizzarle sottoterra e, pare, si impiegherebbe anche meno tempo per realizzarle. Poi ahivoglia a conteggiare ciclisti e monopattisti per vedere l’effetto che fa.

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