Se è vero che c’è sempre un prima e un dopo, questo vale anche per le piste ciclabili a Roma. Prima dell’implementazione di quella di Ostia, inaugurata poche settimane fa, e della realizzazione vera e propria di quella in Via Tuscolana, infatti, sul tema non si era quasi mai registrato un vero e proprio botta e risposta tra maggioranza e opposizione.
Certo, si criticava la scelta della bicicletta a Roma con il noleggio affidato ad alcune società che poi, a loro volta, a detta di molti vigilavano assai poco sull’effettivo comportamento corretto degli utenti che abbandonavano in strada i mezzi più o meno dove capitava. Il refrain era più o meno questo:
‘Ma dove andate con il bike sharing se non ci sono autobus e reti metropolitane a sufficienza?’, attaccava l’opposizione di centrodestra. ‘Veramente – replicava la maggioranza attraverso le parole della sindaca pentastellata Virginia Raggi e degli assessori di riferimento – abbiamo già acquistato decine di autobus, altri acquisti sono in corso, abbiamo recuperato perfino numerosi filobus dimenticati al deposito Laurentina e salvato Atac dal disastro. Serve più tempo‘. Questo, in estrema, in verità parecchio estrema, sintesi, era e spesso ancora ‘è’ il dibattito sul tema trasporti a Roma negli ultimi mesi.
Poi, sotto lockdown, c’è stato un ritorno del dibattito politico a causa del bonus su monopattini elettrici e biciclette. Da una parte sempre l’opposizione a tuonare contro la scelta della mobilità dolce come Panacea di tutti mali. Molti ricorderanno come per settimane sui media online, radio e tv nazionali si sia troppo spesso parlato di quanto potesse nuocere l’incentivare (a suon di contributo) l’utilizzo del monopattino mentre invece il Paese era (e rimane tuttora) in balia di onde assai più grandi e tumultuose.
Ora, non muovendoci da Roma, la questione si sta via via spostando sempre più sul livello infrastrutturale. Ora non ballano più solo i mezzi di mobilità dolce quali biciclette muscolari, a pedalata assistita o monopattini elettrici, bensì i percorsi stessi lungo i quali farli muovere. In particolare la pista ciclabili di Ostia e quella sulla via Tuscolana. La questione, si badi bene, non è affatto di lana caprina, ma di sostanza. Ecco di seguito il perché.
In Giunta ogni giorno si impiegano diverse strategie di comunicazione (dal riferire in Aula fino all’ultimo dei post, ad esempio, su Twitter o Facebook) pur di far passare il seguente messaggio: “Le piste ciclabili non sono un vezzo, ma pietre miliari sopra le quali costruire una mobilità dolce, che sia diversa da quella autocentrica“. Oltretutto la pista ciclabile di Via Tuscolana, sui cui proprio in queste ultime settimane si è acuito il dibattito politico, sarebbe stata realizzata in piena osservanza delle regole previste dal Codice della Strada.
Dall’altra parte, invece, l’opposizione di centrodestra tuona contro la pista poiché farebbe chiudere i battenti a molti negozianti in zona a causa dell’eliminazione di numerosi parcheggi auto (!). Il commercio (autocentrico) insomma, sarebbe stato assassinato e il mandante andrebbe individuato in una….. corsia ciclabile di 2 km e mezzo.
Ora, pur continuando a riconoscere i toni civili di chi dissente (di questi tempi è un salto di categoria!) possiamo scrivere il nostro disappunto? Possiamo scrivere con pacatezza che alle soglie del 2021 continuare a sbandierare lo schema ‘più maghina uguale più negozzi salvi’ sia fuori tempo massimo? Esistono studi importanti che testimoniano come, invece, la realizzazione di strutture del genere e isole pedonali in realtà agevolino, non annientino, il commercio portato avanti con lacrime sangue da tante brave persone. Mai stato un economista, posseggo solo alcune nozioni, ma conosco abbastanza la materia sociale, gli schemi che governano il rutilante mondo dell’informazione e, forse anche un po’ di mobilità dolce. Per questo resto convinto che l’unica strada per combattere i colossi dell’e-commerce, ammesso che si possa perlomeno scalfire la loro corazza, sia quella di riportare fisicamente a contatto persone e vetrine. Pur se a un metro e mezzo di stanza gli uni dagli altri. Pur con le mascherine indosso. Sì, anche così. Gente capace di non andare più di corsa perché c’ha ‘aaa maghina in doppia fila’ oppure perché ‘sta a scadé er parcometro’. Siate sinceri: quante volte abbiamo detto o abbiamo sentito dire da altri queste parole? Non risuonano forse nell’aria ancora in questo periodo di distanza sociale, di smart working?
E allora, in conclusione: siamo sicuri che a una qualsivoglia forza politica (centrodestra oggi o centrosinistra domani) convenga davvero continuare a invocare sempre e solo la stessa forma di mobilità autocentrica in città? Meno auto in strada, al contrario, equivale a liberare gli spazi giusti da offrire ad autobus e tram ora congestionati. Altroché! E, a chiudere, siamo sicuri che continuare a chiedere eventuali piste ciclabili lontane da importanti consolari di collegamento con il centro quali Tuscolana e Prenestina sia davvero la…strada giusta?