Archiviata la tregua natalizia, ripartono le interpretazioni sui numeri delle piste ciclabili in Italia, anche e sopratutto dopo il report Covid Lanes di Legambiente.
Non giriamoci intorno, il dossier lanciato alcune settimana da Via Salaria fa e farà da spartiacque. Una lavagna sui cui sono stati riportati buoni e cattivi (amministratori), messi a sinistra o destra a seconda dei kilometri di piste ciclabili realizzati negli ultimi tempi, ma non solo. Dentro vengono spiegati gli effetti del lockdown, di come questo si riverbera sempre più sul concetto di mobilità quotidiana. Cosa mai faranno da qui in avanti le amministrazioni locali per rendere sempre più reale il mondo della bici? Riusciranno i nostri eroi a rendere le loro città a misura d’uomo? L’obiettivo è quello di raddoppiare le ciclabili entro il 2025. Una missione quinquennale, come la meravigliosa Enterprise del capitano James Tiberius Kirk in Star Trek (rigorosamente Tos). Solo che qui non abbiamo raggi laser, siluri fotonici, teletrasporto, vulcaniani e soprattutto una Federazione di Pianeti Uniti solida e assai ambiziosa, ma più astrattamente un insieme di Comuni, di centralità, con poche risorse a disposizione e a volte neppure gestite tanto bene. Altro che cristalli di dilitio che si rigenerano e alimentano senza tregua i motori a curvatura della nave immaginata da Gene Roddenberry. Qui abbiamo pochi danari, buona volontà soltanto a sprazzi e una cultura di massa che non la scardini manco se si coalizzano Klingon e Romulani, per restare in tema. Oh, per chi non è pratico della prima serie di Star Trek, queste due razze sono considerate tra le più feroci e agguerrite, odiano la Federazione e tutto quello che rappresenta rispetto delle regole. No, a rovesciare il ragionamento tutto italiano che le piste ciclabili servono a poco e che ci si deve muovere con la ‘maghina’, non basterebbe comunque una potenza di fuoco del genere.
Semmai una logica tutta vulcaniana, quella del signor Spock, o, più semplicemente, la logica dei piccoli passi, che al momento pare essere davvero quella che più si sta provando ad attuare nelle pubbliche amministrazioni.
Più bonus o più malus?
Ecco in breve il ragionamento. Al di là delle mie disponibilità tecniche ed economiche, come convinco migliaia di cittadini a muoversi lasciando l’auto parcheggiata e a salire di botto su bici o monopattini? Li posso incentivare attraverso bonus, epperò una volta finiti i soldi chi mi garantisce che l’italiano medio non si limiti a cambiare la sua vecchia bici della domenica e basta? Questo è quello che si dovrebbe chiedere ogni amministratore. Da par mio, preferisco immaginare che chi ha acquistato e poi ha ottenuto il ristoro di una parte della somma attraverso il bonus, beh.. lo abbia fatto per cambiarsi la bici di tutti i giorni. Ma la logica stringente vulcaniana ci ricorda che siamo un popolo di risparmiatori e che nel nostro dna viene custodita la forma più elevata dell’arte di arrangiarsi. Inoltre, attualmente siamo un popolo in miseria e dobbiamo per forza fare di necessità virtù. E allora…basta dare un’occhiata alle inserzioni sui portali di compravendita on line per accorgersi dell’impennata di disponibilità dell’usato. Insomma, business da due soldi (rapportato ad altri) o, nella migliore delle ipotesi, acquisti effettuati di corsa, incautamente, pur di accaparrarsi qualcosa pagandola meno degli altri, ma che in effetti ci serve a poco.
Un esempio? Conosco almeno dieci persone (e mi tengo basso) che appena uscita la storia del bonus hanno subito acquistato la bici per loro e per i figli, salvo poi rivenderle di lì a poco perché l’articolo non faceva al loro caso. Ne è un classico esempio chi ha acquistato una emtb da 2/3mila euro e poi si è accorto che per andare in ufficio era meglio una Brompton Electric pieghevole, da caricarsi sul treno in 12 secondi netti, che magari costava anche un centinaio di euro in meno rispetto a quella effettivamente comprata in epoca di bonus.
Bike lane pop up
La strada dunque non si può limitare solo a quella dell’incentivo economico, ma anche logisitico. E qui entra in scenda il Covid Lane di Legambiente, secondo cui Milano è stata la città più operosa in generale, con 35 km di bike lane pop up realizzate, seguita da Genova con 30. Sulla carta un risultato insperato, che però lascia ampi margini di miglioramento. Prospettive che si arricchiscono di un elemento importante, potremmo scrivere fondamentale, quando si vanno a fare i conti della serva: il counter, appunto.
In buona sostanza, stiamo parlando dell’esigenza di diventare inattacabili sia dai costruttori di auto sia dai cittadini e commercianti riottosi , che non vedono certo di buon occhio il mondo delle due ruote. Vi garantisco che una parte di loro avrebbe perfino i numeri per creare un movimento antitetico a quello che sostiene la mobilità dolce, perciò una battaglia del genere va affrontata coprendosi bene.
Meglio allora portare evidenze scientifiche come Galileo. Meglio dimostrare con i numeri, non solo attraverso pur ottimi contenuti video, che bipa e mono rendono la mobilità..dolce a tutti gli effetti. Bene, molto bene, se si riesce a dimostrare che oltre a non inquinare, le bici e i monopattini convengono perché si parcheggiano in un minuto, costano poco o nulla di manutenzione, costano assai meno di uno scooter o di un’auto.. eccetera eccetera. Questa è la strada della logica: una logica dei piccoli passi. Ci vuole tempo e arguzia, che dall’altra parte, chi produce auto dispone di portaerei. Guardate che razza di spot di auto e suv girano tra una partita di calcio e l’altra sui canali tematici, osservate la cura con cui queste pubblicità sono state confezionate e il messaggio con il quale ti rassicurano. Tenete a mente le cifre che vi offrono per cambiare la vostra auto, il comfort a portata di tutti e così via. Per fronteggiare queste cannonate servono forze perlomeno simili e opposte.
Piste ciclabili frequentate. Non ci credi? Conta!
In questo il report ci offre un aiuto prezioso, ricordandoci che l’utilizzo della bicicletta è descritto anche nei monitoraggi della popolare applicazione Google Maps. Un’app che ha registrato il numero di richieste di indicazioni stradali in bicicletta in tutto il mondo, tra febbraio e giugno, e ha rilevato un aumento globale delle richieste pari al 69%. Certificato il boom italiano: secondo le stime di ANCMA, nel mese di maggio 2020 è stato del 60% in più rispetto al venduto nello stesso periodo dell’anno precedente, certamente anche grazie allo stanziamento degli incentivi governativi.
Ma è soprattutto attraverso l’Eco Counter che scoperchiamo il vaso di Pandora. Si tratta del sistema incentrato su una rete di contatori di biciclette in tutto il mondo (colonnine dotate di sensori in grado di identificare il passaggio delle bici) e che mette a confronto l’uso della bicicletta nel 2020 con l’anno precedente. I dati che ne scaturiscono sono davvero interessanti: nel mese di settembre 2020 si è registrato un aumento del 27,5% in Italia, del 25,3% in Portogallo, del 24,5% in Francia e del 20% nel Regno Unito e in Germania rispetto a settembre del 2019.Nel mese di ottobre 2020, in quasi tutti i Paesi presi in esame dal sistema Eco-Counter, il numero di biciclette era superiore a quello dello stesso periodo dell’anno precedente e la crescita più significativa è stata registrata in Italia (+48,4%). Inoltre, l’analisi dei dati mensili registrati da Eco-Counter in Italia nel corso del 2020 mostra picchi significativi dell’uso delle biciclette nei periodi di maggio (+81%) e settembre/ottobre (+73%). Un boom certamente riconducibile agli effetti della pandemia e del lockdown sulle abitudini di mobilità in Italia, soprattutto durante i giorni infrasettimanali.
Insomma: conta che ti passa. E speriamo si continui su questa strada.