Piste ciclabili nel mirino: Via Veneri a Reggio Emilia

Piste ciclabili nel mirino di cittadini e di alcuni media. A Reggio Emilia, proprio in quell’Emilia Romagna che con Bologna e Parma abbraccerà (a breve) la filosofia delle città a 30 km orari: un inno e al movimento lento, ma al tempo stesso civile e contemporaneo in gran parte delle città del nord Europa.

Reggio Emilia, bike lane in Via Veneri spesso invasa da auto

Nonostante nel quasi 2023 in alcune città si cominci ad andare verso il buon senso, non mancano casi di scarsa tolleranza (eufemismo, ndb) nei confronti di infrastrutture light che dovrebbero rassicurare sempre più persone a lasciare l’auto a casa, perlomeno nei loro ‘spostamenti di prossimità’.

A Reggio Emilia, appunto, resta singolare il caso via Veneri, zona Santa Croce, con l’omonimo gruppo Facebook ‘Ascoltare Santa Croce’ a denunciare come la strada sia talmente stretta che l’autobus ‘scavalla’ sulla bike lane, con grave rischio per chi transita in quel momento.

Bene, anzi male: tuttavia a ben rovistare tra i commenti degli iscritti, dei residenti, salta fuori che il problema sia legato soprattutto a un atteggiamento a questo punto, ormai, ancestrale: «furgoni e auto fuori dagli stalli – si legge tra alcuni post degli iscritti al Gruppo – con il tram/autobus costretto a transitare sulla ciclabile». Non solo: a leggere i commenti, gli stessi mezzi privati sarebbero spesso parcheggiati anche sul tratto ciclabile.

Via Veneri in una foto pubblicata sul Gruppo Facebook ‘Ascoltare Santa Croce’

Poi apri il giornale on line (non scrivo quale, chi vuole può risalirvi ‘googlando’) che riporta la notizia e leggi questo titolo, ma soprattutto il sommario che ne segue:

Titolo: Reggio Emilia, a Santa Croce attenti al bus che invade la pista ciclabile 

Sommario: Via Veneri, larghezza minima per le due ruote, anche il mezzo pubblico ha poco spazio e occupa pericolosamente l’area di chi pedala

Naturalmente nel sommario neppure una riga su quella che sarebbe – a detta di chi vi abita – la vera causa, o se non altro un valido motivo, alla base dell’invasione di spazio da parte del mezzo pubblico: i mezzi privati in doppia fila, almeno in alcuni punti della strada. Un autobus, vale la pena ricordarlo, il cui conducente (chiariamolo!) visto il servizio così importante che svolge non può né deve attendere che qualcuno sposti il proprio mezzo in doppia fila per consentire il passaggio. Roba da Terzo mondo. Eppure nel sommario con cui si introduce l’articolo non c’è riportato nulla del genere. Ricordiamo che il sommario, peraltro, è quasi sempre il secondo elemento letto dall’occhio (mediamente pigro) del lettore: perché allora non aggiungere che auto e furgoni parcheggiati costringono l’autobus a invadere la corsia ciclabile? Perché omettere tutto questo?

E ancora: a una prima lettura di un titolo e sommario così quanti ‘non ciclomobilisti’ sarebbero favorevoli a realizzare o a mantenere  piste e corsie ciclabili in certe zone? Risposta: nessuno! E ci risiamo. Eppure andare in bicicletta in Emilia Romagna dovrebbe essere sempre più un movimento, una tendenza naturale.

Chi non vuole le corsie ciclabili

Siamo onesti: in Italia c’è un fiume di gente che odia corsie e piste ciclabili. Le persone te lo dicono proprio in faccia! «Tolgono spazio alle auto, agli scooter e figuriamoci al mezzo pubblico!» tuonano spesso Comitati di Quartiere, animati da cittadini furibondi perché non possono più parcheggiare il mezzo sotto casa propria (??)  o perché il traffico veicolare è costretto a restringersi a volte in un’unica corsia per senso di marcia.

Una tesi anticamera, a mio avviso, di un’altra assai più pericolosa e che gli amanti delle due ruote lente cercano di contrastare soprattutto nell’ultimo anno e mezzo: quella, cioè, di chi vorrebbe il ciclomobilista ‘fanciullo’ relegato a giocare con la sua biciclettina nello spazio di un parco, di un grande prato verde (cit.), non certo in strada, che è uno spazio per gente seria!

Peccato però che la corsia ciclabile sia legge e che sia caratterizzata più da vantaggi che da svantaggi. Come osservato in modo puntuale da Gabriele Sangalli di Bikeitalia.it (testata che ospitiamo spesso e con molto piacere a #Opinionincluse, rubrica in streaming sempre in onda su questo blog) per corsia ciclabile si intende un itinerario (appunto) ciclabile realizzato su carreggiata stradale, dove l’elemento di separazione dalla corsia dei veicoli a motore è valicabile. Un’infrastruttura light realizzata in diverse occasioni, che ha il vantaggio di essere un percorso «permeabile» e che quindi facilita l’ingresso e l’uscita delle bici. Un’idea, anzi una soluzione, dai bassi costi contenuti di realizzazione.

Uno dei suoi vantaggi indiscussi, poi, è costituito dalla «velocità con cui si ottiene la rete di percorsi ciclabili della città». L’esclusivo utilizzo della vernice, infatti «permette di avere corsie dedicate alle biciclette in pochissimo tempo, andando ad incidere fin da subito sulla dotazione infrastrutturale del centro urbano. Non a caso, le grandi città mondiali che negli ultimi anni stanno sviluppando la ciclabilità lo stanno facendo dapprima realizzando corsie ciclabili e solo successivamente trasformandole, ove necessario, in piste ciclabili protette. Si tratta di una strategia per indurre la domanda di ciclabilità, aumentando così il numero di persone che si muovono in bici». 

Oltretutto le corsie ciclabili consentono al ciclista di rendersi maggiormente visibile all’automobilista rispetto, ad esempio, ai percorsi ciclopedonali realizzati lungo il fronte degli edifici.

Rispetto delle regole, please

Il mondo alla rovescia. Tornando a Reggio Emilia, ma fa lo stesso in gran parte delle città e dei Comuni italiani, se le auto sono parcheggiate fuori dagli stalli o sulla bike lane, l’Ente Locale dovrebbe comminare le relative multe, così da scongiurare tutto questo. Certo che se però l’andazzo è di nascondere i veri problemi del traffico e dei disservizi nel Trasporto pubblico ad esso legati come nel caso di specie, sarà molto difficile creare quella Contro-cultura alla base di una coabitazione civile in strada. Se la narrazione mediatica è spesso soggetta a omissioni nessuno sarà mai disposto a cedere un po’ del suo spazio (in molti casi rubato visti i parcheggi creativi presenti in ogni città o Comune) in favore di chi sceglie di muoversi così.

A un ritorno del rispetto delle regole ci si deve arrivare anche passando per il ‘debunking‘, vale a dire cercare di far chiarezza il più delle volte possibile. E non basta illudersi, sperare che le Pubbliche Amministrazioni dislochino decine di Vigili (Mission Impossible) ovunque! Non ci sono soldi e neppure risorse. Oltretutto cambierebbe poco. Più facile, invece, comminare sanzioni una volta che la Polizia Locale riceve la segnalazione, ma anche qui ogni Comune, mica solo quello di Reggio Emilia, ha la sua bella gatta da pelare.

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