Piste (corsie) ciclabili umane crescono. Sono trascorsi appena pochi giorni pochi dalla manifestazione ProteggiMI del 10 novembre scorso a Milano per chiedere il rispetto della bike lane di viale Monza, occupata spesso dalle auto, eppure l’eco mediatica non si spegne. Anzi. Ora scatta il momento del ‘case history’, ovvero del mettere quanto più a sistema le procedure sperimentate nelle settimane scorse, così da ricreare l’evento di protesta civile ‘da basso’ e ottenere l’agognato ‘engagment’, per dirla in Comunicazione.
«ProteggiMI – come riporta un bell’articolo di Sottosopra, agenzia di comunicazione milanese bike friendly composta da ‘ciclofili e caotici’ – è nata da uno di quei whatsapp che non puoi ignorare. L’immagine di una manifestazione di ciclisti a Portland arrivava da Angelo Barney Lisco ed è stata la scintilla per dire “Muoviamoci anche noi, così non si può andare avanti”». Da lì in poi i passi sono stati tutto sommato brevi. «La sera del 28 ottobre in Piazza dei Mercanti eravamo una decina di persone e in meno di un’ora la riunione aveva prodotto il nome, la data, il ‘chi fa cosa’ e un gruppo di lavoro da 18 persone». Roba da startup, altro che da movimenti spontanei e spesso accusati di essere poco organizzati.
Poco dopo questo Big Bang, la creazione dell’evento su Facebook, con la richiesta di partecipare rivolta a tutti cittadini. «Proviamo a realizzare la più lunga ciclabile umana che Milano abbia mai visto, per chiedere al Comune di proteggere dalle auto chi ogni giorno pedala in viale Monza?». Una CTA (call to action) tra le più classiche: spontanee, senza possibilità di fraintendimenti. Nel frattempo, la tragedia del piccolo Luca coinvolto nel tragico incidente in città mentre andava a scuola in bicicletta.
Per la cronaca il giorno della protesta* sono scese in strada ben 300 persone! Se vi sembran poche…
Parcheggio l’auto sulla corsia ciclabile, che tanto «è un attimo»
Da Milano a Roma, da Genova a Torino lo schema è sempre lo stesso: bella l’idea della pista ciclabile, bella l’idea di snellire il traffico veicolare offrendo una corsia intera a chi sceglie di pedalare e non di rimanere chiuso ore nell’abitacolo, ma io «ce parcheggio lo stesso.. che tanto ..è n’attimo!»
La teoria del Marchese del Grillo. Quando si raccontano le storie legate all’utilizzo delle corsie ciclabili sembra sempre di ascoltare le parole del Marchese del Grillo mentre sbeffeggia il povero ebanista Aronne Piperno. «Arò, tu me piaci perché lavori bene: bella la cassapanca, bella pure la boiserie, ma io non ti pago!».
In pista, anzi in corsia ciclabile, accade la stessa cosa: in teoria molti apprezzano l’infrastruttura light, ma poi, alla fine della fiera, la rispettano in pochi. Una volta per gustarsi (?) il caffè ‘al volo’, una volta per fare la spesa (sempre ‘al volo’, tanto…che ci vuole?), oppure per effettuare operazioni di carico e scarico merci. I motivi, facciamocene tutti una ragione, sono pressoché identici dal Nord al Centro-Sud Italia.
Pedalare in corsia, nonostante tutto. Eppure la corsia ciclabile in viale Monza è usata eccome, nonostante le continue invasioni di campo. Da quando è stata realizzata nel 2020, uno degli ‘anni di grazia’ per le bike lane temporanee, è usatissima (+276% di biciclette). Il problema, semmai, è che viene usata molto anche dalle automobili che ci parcheggiano sopra. Con i conducenti ad ‘addurre motivazioni plausibili’ (cit. Cara Ti Amo di Elio e le Storie Tese: siamo a Milano, sì o no?) come quelle appenacitate.
Oltre le proteste: tre richieste e un toolkit su come organizzare un ciclabile umana
Per opporsi a questo andazzo, allora, ecco arrivare in soccorso la ciclabile umana, che ora sta diventando un modello piuttosto interessante e che pare faccia gola anche a Genova e Lecce. Due città che conosco abbastanza: a ‘Zena’ poi, come documentato spesso da Vitadueruote, c’è un fermento che la metà basta.
Ma visto che partiamo da Milano, ecco le tre richieste avanzate dagli organizzatori nei confronti dell’amministrazione meneghina.
Proteggere chi pedala in viale Monza. Senza costruire cordoli, ma facendo rispettare la corsia ciclabile che già esiste, impedendo alle auto di parcheggiarci impunemente sopra;
• Realizzare condizioni di ciclabilità sicura in tutta la città, con bike lane e piste ciclabili laddove serva (per esempio sul Ponte della Ghisolfa) e senza chiudere quelle che già ci sono (come in via Saint Bon);
• Fare di Milano una città delle persone: con limite a 30km/h in tutta la città (come già Parigi, Barcellona, Madrid e in Italia presto anche Bologna e Parma) e pedonalizzando le strade davanti alle scuole. Per migliorare la qualità dell’aria, la sicurezza di tutte/i a partire dai più piccoli e per un uso più democratico dello spazio pubblico.
Oltre a questi tre punti elenco, ecco il toolkit messo a punto dagli organizzatori su come organizzare una ciclabile umana. Un vademecum di protesta silenziosa e civile che potrà essere utile a chi vuole dire ‘Basta!’ ma non sa come gridarlo.
TOOLKIT-PROTEGGIMI_work-in-progressCome potete notare non si chiedono provvedimenti strabilianti, con un punto-elenco assai simile a quello che richiedono gran parte di movimenti e associazioni in altre città italiane. Segno tangibile di un’insofferenza un tempo passiva e in molti casi repressa, che però si sta trasformando in libertà e partecipazione: proprio come non ha mai smesso di chiedere il grande Giorgio Gaber, che a Milano ci è nato proprio. Chissà il curioso Signor G come sarebbe stato contento a vedere.
*La foto di apertura e nell’infratesto sono di Andrea Cherchi