Siamo stati scaricati dalla sharing mobility (lenta): è ufficiale! Ce lo dicono i numeri, ce lo dicono i mezzi a disposizione e per capirlo non serve imbastire inchieste da premio Pulitzer. Ecco perché.
Il Corriere della Sera esce con un ottimo pezzo di analisi sulle tariffe della sharing mobility. Da quel che si nota, nel 2022 e non nel 1960 (!!!) per muoversi in città conviene ancora ricorrere alle quattro ruote, alla faccia delle decine e decine di corsi e webinar settimanali (a cui ogni tanto partecipo) che raccomandano riappropriazione degli spazi urbani, urbanismo tattico, pedonalizzazioni incipienti, ‘zone 30’ e chi più ne ha più ne metta. Nonostante il mondo ‘là fuori’ procede spedito ma rispettando i limiti di velocità (in tuti i sensi!) e con ruote lente, da noi gli esempi dell’appeal ‘autocentrico’ sono sotto gli occhi (e i portafogli) di tutti.
Car Sharing, una bomba!
Partiamo dall’auto condivisa, un sistema basato su regole comuni che valgono anche per la mobilità considerata ‘dolce’: si paga in base al consumo. Un approccio corretto, che fa il paio con l’offerta di sottoscrivere un abbonamento in caso di utilizzo quotidiano o comunque assai frequente, altrimenti perché legarsi a doppio filo con il servizio? Insomma…in teoria ci siamo. Passiamo alla pratica.
Se è vero che uno spostamento medio cittadino non supera i 5 km, per un tempo di utilizzo pari a 10-12 minuti la spesa minima sarà pari a 3 euro. Un prezzo vantaggioso, soprattuto se lo paragoniamo a quanto si paga per muoversi in monopattino a in bicicletta, ma ci arrivo a breve. Tornando al car sharing, la flotta Share Now, che annovera tra gli altri la Smart Fortwo e la Fiat 500 X, non proprio…l’apetta a retrofit (!!) , per gli stessi tempi e chilometri di percorrenza riesce perfino a propone una spesa minima di 2 euro. Siamo quasi a tariffe da…Discount, ma noleggiando marchi importanti. Buttali via!!
La differenza di prezzo tra scooter e monopattini elettrici
Se Atene non piange non lo fa neppure Sparta, siatene certi. Tariffe ancora più basse, infatti, per il comparto delle due ruote veloci (scooter) e pure elettriche: Zig Zag, servizio ormai attivo in diverse grandi città, propone un pacchetto da 400 minuti a 0,19 centesimi. Boom!
Niente male in confronto dei 3 euro richiesti da Helbiz per coprire in monopattino appena 2 chilometri e mezzo in 10 minuti. In proporzione il confronto, almeno a mio avviso, non regge. Perché mai questa differenza tanto con gli scooter elettrici quanto, soprattutto, con lo sharing ‘pesante’? Ma come: ogni giorno ci lamentiamo della mancanza di spazi sociali com’era una volta, chiediamo a gran voce di pedonalizzare mezza città (e pure l’altra…via!), di alleggerire il traffico e poi dalla cassettiera tiriamo fuori il pannicello caldo? Perché ancora non si riesce a togliere una quota parte dei costi affrontati dalle imprese che consentono di rinunciare all’auto in città? Su questo molte amministrazioni ci stanno lavorando da tempo, lo so, ma ancora non ci siamo.
La mia (breve e costosa) esperienza di bike sharing a Roma
Sabato scorso ho seguito la manifestazione nazionale a Roma, con cui la rete di associazioni di Vivinstrada ha di nuovo chiesto allo Stato italiano lo stop alle mattanza di vittime stradali. Ci trovavamo nella centralissima Piazza Santi Apostoli, accanto alla storica Piazza Venezia. Per arrivarci ho utilizzato soltanto i mezzi pubblici, ma al ritorno mi sono voluto ‘coccolare’ con il bike sharing. Non l’avessi mai fatto! Sono arrivato a piedi fino davanti a Palazzo Chigi, per i non romani sede della Presidenza del Consiglio dei ministri (ndb), e da lì ho quindi raggiunto la fermata della Metropolitana Linea A in Piazzale Flaminio (davanti Piazza del Popolo) a bordo di una bici fornita dal servizio Ridemovi. A fine corsa l’amara sorpresa: 3 euro tondi tondi (!) per 10 minuti di pedalata, a fronte della quale ho percorso (udite udite) 1 chilometro e 400 metri. What else? Cos’altro aggiungere?

Ciascuno tragga le proprie conclusioni, per carità, ma a questo punto, però, non stupiamoci dell’impotenza di Roma, comune a quella di molte altre grandi città italiane, nel liberarsi dalla morsa del traffico veicolare quotidiano. Intendiamoci: il car sharing è sempre meglio di prima, quando ogni singola auto privata si posteggiava (e in molti casi si posteggia ancora) nel primo spazio libero disponibile, che tanto.. chi controlla? Tuttavia, ritengo che se si vuole invertire la rotta, restituendo spazi sociali, rispetto delle velocità e dunque dignità ai grandi centri urbani, la strada da seguire sia davvero tutt’altra.
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