Sicurezza stradale, autovelox e vigili non basteranno mai: solo Cultura e Comunicazione (in maiuscolo) rallenteranno il mito futurista della velocità

La sicurezza stradale non la sconfiggi pensando soltanto di poter controllare la velocità in strada disseminando ovunque autovelox, Vigili Urbani e rappresentanti delle Forze dell’Ordine, ma disinnescando, proprio come fosse un ordigno in procinto di esplodere, la cultura, il mito, della velocità. Come? Con la Contro-cultura, con la Contro-Comunicazione (entrambe scritte in maiuscolo, please).

Rispolveriamo, ad esempio, Armi su strada, un bellissimo lavoro realizzato nel 2008 dall’animatore, regista e disegnatore Bruno Bozzetto. Guardatelo, vi prego: è disarmante e ‘arriva dentro’ come l’assolo struggente di un chitarrista virtuoso.

 

Ma quale futurismo!

Chiariamolo subito prima di eventuali fraintendimenti: Armi in strada di Bozzetto non è affatto un ‘tirassegno’ verso auto, moto e scooter, bensì una critica ai loro ‘inni’ alla velocità. Nel video (mettetevi comodi: dura 5 minuti ma ne vale davvero la pena) si ingaggia una lotta silenziosa, e al tempo stesso serrata, al concetto di audacia, pericolo, velocità, appunto. Pilastri alla base del futurismo, movimento letterario, culturale dei primi del Novecento. Un movimento importante, non una meteora, che però ai nostri giorni di futuro ha ben poco da raccontare.

Altro che Zang Tumb Tumb (opera di Filippo Tommaso Marinetti che scelsi addirittura di portare io stesso all’esame di Maturità, ndb) alla maniera degli Anni Trenta, quando l’arte fotografava l’innovazione tecnologica del telefono, dell’aeroplano, della radio e, ovvio, di un’automobile che marciava sempre più spedita. Quelli erano ben altri tempi, in cui cui la tanto acclamata ‘avanguardia’ avrebbe dovuto trarre in salvo dalle secche la nave Italia, immobile da tempo. Niente più ‘passatismo borghese’, sì invece a capitali moderne, urbanizzate e sensibili al fascino della velocità, considerata la ‘grande bellezza’ di allora.

Sì, lo scrivo: alcune concezioni di quella corrente di pensiero come le città urbanizzate e moderne, ad esempio, sono arrivate fino ai nostri giorni, ma la situazione è…scappata di mano! Al primo boom economico degli Anni Sessanta (e qui termino la menata storica), il culto della bellezza fece subito rima con l’automobile: segno distintivo importante come, se non di più, il possedere in casa un frigorifero o l’agognato televisore in bianco e nero.

Per quei minuti che volevo guadagnare ho buttato il tempo della mia vita!

Premesso questo, veniamo al ‘corto’ di Bozzetto. Realizzato in 3D e, ricordo, nel lontano 2008 – dunque un’era geologica fa! – una volta tagliuzzato e riadattato sarebbe addirittura perfetto per la maggior parte dei format pubblicitari in voga oggi.

Ero in ritardo e ho schiacciato l’acceleratore. Per la location, l’autore immagina un Aldilà crepuscolare, altro che caratterizzato dai colori scintillanti cari ai giovani futuristi di inizio secolo scorso. Per gli amanti della serie Star Trek (Tos – Prima serie) sembra di trovarsi su Vulcano, il pianeta natale del signor Spock, un attimo prima che abbia inizio la sua cerimonia di matrimonio con la promessa sposa T’Pring nella radura desertificata del Kunat Kalifee (i fan trekkies gradiranno).

Un Virgilio dei nostri tempi. Per la narrazione, così come Dante scelse Virgilio a fare da guida nel Purgatorio nella sua Divina Commedia, più modestamente (ma in modo altrettanto efficace) Bruno Bozzetto sceglie un narratore ‘omodiegetico‘, collocato cioè all’interno della stessa storia di cui fa parte. Sarà lui a svelarci la valle di lacrime popolata da milioni di morti, con bare sparse ovunque nei campi brulli e spogli. «Più di tremila vittime al giorno per incidenti stradali, senza contare i feriti. E tutto per motivi futili», commenta amaro il nostro esploratore. What’else?

Scheletri da interrogare; perché siete qui? Il nostro Virgilio attraverserà la valle oscura, aprirà  le bare e ‘interrogherà’ gli scheletri sul perché giacciono lì. E loro risponderanno. Quando comincia il primo i brividi già corrono lungo la schiena.«Ero in ritardo – dice appena risvegliato dal narratore – ho schiacciato l’acceleratore ma non sono mai arrivato. Qui, invece, ci sono arrivato e anche in anticipo: avevo diciannove anni! Per quei minuti che volevo risparmiare ho buttato il tempo della mia vita! Che imbecille che sono stato!». Allora Virgilio, ascoltata la sua versione dei fatti lo rigetterà nella bara, rimproverandogli di essere stato un imbecille e pure un assassino poiché (come dal racconto che segue) «hai azzerato anche la vita, il tempo degli altri (lo scontro era frontale, con un altro mezzo proveniente dal senso di marcia opposto)».

Guardate, lo scrivo proprio da ‘brecciolino’, la sezione del blog su cui è pubblicato il post: solo chi ha perduto amici e affetti per questi motivi può comprendere con sentimento integro e capace (passatemi il termine) la portata di questo messaggio, la potenza con cui è veicolato.

Il racconto, con soggetto a cura dello stesso Bozzetto, Emilia Strologo e Giusy Quarenghi, prosegue con altre testimonianze che ti svuotano sempre di più. E’ un de profundis, chiaro, ma mai fine a se stesso: piuttosto d’insegnamento a chi è in vita e ha tempo e modo per cambiare le cose.

La Tua vita non  ha il replay. Armi in strada è una carrellata noir: si va dal bambino precipitato in una scarpata insieme al padre mentre giocavano «a fare i supereroi» superando un mezzo pesante in curva, fino alla mamma investita sulle strisce pedonali mentre attraversava la strada tenendo per mano la sua adorata bambina. Con una massima da tenere sempre, sempre a mente: «La tua vita non ha il replay e quando guidiamo un’automobile dobbiamo pensare che tra le mani non abbiamo solo un volante, ma un’arma: basta un attimo per uccidere o essere uccisi».

Neuromarketing, potenza di fuoco

Provo a dirla alla maniera di Giovanni Mucciaccia, conduttore Rai di Art Attack tra i più bravi, nel Terzo Millennio, a mettere in campo quel linguaggio radiotelevisivo che ha reso ‘attivi e fattivi’ gli spettatori più piccoli, smuovendoli dalla loro attenzione passiva o dormiente di un tempo. “Avete visto il video? Fatto?”. Ecco, aggiungo io: ora ricordatevi (ricordiamoci) di fare i bravi quando ci mettiamo in viaggio.

Immaginiamoci ‘Armi su strada’ messo in onda, anzi in circolazione, con la cadenza martellante degli spot automotive, ad esempio, come avviene nel corso di una partita di calcio in diretta. Avete presente, no?  Voi seduti sul divano, bombardati da decine e decine di panorami mozzafiato e città deserte, tutte da solcare, conquistare, soltanto a bordo di un autoveicolo (ma davvero è così?). Immaginato? Fatto?

Produrre gli anticorpi. Ecco, ora pensate un momento a cosa accadrebbe se al loro posto, oppure in contemporanea, perché no (?) venisse proiettato un estratto di 30 secondi di questo corto sulla #sicurezzastradale e inserito ‘a martello’, alla stregua degli altri. Dite un po’: questo vaccino non produrrebbe forse gli anticorpi giusti una volta entrato in circolo? E ancora: quanto ne guadagnerebbero in credibilità perfino le stesse case automobilistiche?

Effetto ‘alone’. Invece no. Si va solo in un senso, rigorosamente a tutta velocità, lasciando il compito di ingentilire, di nobilitare lo spot automomotive inserendo qualche bicicletta di passaggio. Così, giusto per creare quell’effetto alone’ che tanto ti fanno studiare all’Università, in Psicologia della Pubblicità. Per chi non lo sa, si tratta di una distorsione cognitiva grazie alla quale l’impressione positiva di un singolo tratto di un individuo, oggetto o prodotto, va a incidere favorevolmente sulla valutazione di altri tratti non collegati al primo. Traduzione: l’auto in retromarcia che si ferma per far passare la bici si venderà sempre meglio di altre; ma di quella bici, alla lunga, se ne ricorderanno in pochi.

Il caso Orange. Il neuromarketing è una potenza di fuoco, altroché. E se pensate che siano solo teorie, eccovi un esempio pratico di come si possa fare centro con il solo pensiero creativo. Orange, una società di telecomunicazioni negli Stati Uniti, ha deciso di offrire a tutti gli studenti di verniciare gratis le loro automobili, ma a patto che le auto fossero verniciate di colore arancione. Ebbene, nel giro di poco tempo nella sola San Francisco sono comparse 5 mila vetture (!) arancioni in giro. Quelli bravi lo definiscono ‘marcatore somatico’, voi chiamatelo come vi pare.

Vedere la morte in faccia. Ecco, diciamo che lo spot di Bozzetto, in questo senso, prova a rovesciare la piramide. Il marcatore somatico, in questo caso, potrebbe essere rappresentato dallo scheletro che si risveglia nella bara, a indicarci la fine che faremo se non cambieremo le nostre condotte di guida. Oppure la fine che faranno le vittime della strada, le migliaia tra donne, uomini, ragazzi e bambini innocenti che perdono la vita ogni giorno poiché investiti, senza alcuna colpa, sulle strisce pedonali, o perché transitavano in bicicletta o in monopattino. Oppure perché erano al volante e sono stati travolti da un’auto che ha invaso la loro corsia.

Allora, alla fine della fiera, ci viene in soccorso l’ormai arcinoto (ai più) rasoio di Occam: la soluzione più semplice è sempre quella che abbiamo davanti a noi. Perché, allora, non recuperare e rilanciare un lavoro preziosissimo come questo? In questo Armi su strada, badate bene, ci accorgiamo che la vita e la morte camminano, anzi corrono visto il caso, di pari passo e vanno viste non già in filigrana, ma fin da subito, a un primo colpo d’occhio. E la scelta finale spetta solo a noi.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.