Vittime della strada, lo sbraco dei mille: tanti gli agenti di Polizia aggrediti durante i controlli

Le vittime della strada non siamo solo noi pedoni e ciclomobilisti (tra le varie ‘categorie’ coinvolte negli  incidenti), ma anche i 1.370 agenti di Polizia picchiati (sì…picchiati, avete letto bene!) con tanto di referto medico a documentarne l’autenticità, durante normali operazioni di controllo. I dati riguardano il primo semestre 2022 e sono stati rilevati dall’Osservatorio Asaps il cui nome è davvero tutto un programma: “Sbirri Pikkiati“!

Il post è pubblicato nel giorno dell’Unità nazionale e delle Forze Armate: le divise rappresentano garanzia di pace. «Altruismo, coraggio, spirito di sacrificio, amore per la nostra Patria e per la nostra gente»: queste le parole pronunciate dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, proprio in occasione della ricorrenza del 4 novembre. Pace ovunque, aggiungiamo noi che siamo minuscoli, soprattutto nelle strade. Eppure i numeri dell’’Osservatorio vanno nel senso opposto a quello dei nostri auspici.

I dati, pur registrando i ‘soli’ attacchi fisici che hanno provocato lesioni refertate agli operatori di polizia durante i controlli su strada, spaventano. I numeri, nel dettaglio, parlano chiaro: 1.370 aggressioni contro le 1.371 del primo semestre 2021, ovvero appena un’aggressione in meno rispetto all’anno prima. E meno male che da questo tragico conto rimangono fuori le aggressioni avvenute nella gestione dell’ordine pubblico e le altre non conseguenti al controllo del territorio.  

Aggredire le divise in strada: ormai è quasi un hobby

Chi è stato il più aggredito. Il maggior numero di aggressioni ha riguardato la Polizia di Stato con 677 attacchi pari al 48,4%, percentuale in calo rispetto al primo semestre 2021 quando toccò il 49,3%. A seguire poi l’Arma dei Carabinieri, con 513 aggressioni, pari al 36,6% degli episodi. Seguono gli attacchi alla Polizia Locale con 9,6%, mentre il 5,4%ha riguardato altri corpi.
Dove si aggredisce di più. Udite udite, Il 43,9% delle aggressioni è avvenuto nelle ‘civilissime’ regioni del Nord, il 25% al Centro e il 31,1% al Sud. Sono stati 482 gli episodi che hanno visto come protagonisti gli stranieri (35,2%), nel documento però non si chiariscono le provenienze e il tema è scivoloso. Quest’ultimo dato, comunque, è in decremento rispetto al 2021, quando la percentuale fu del 37%. In 410 attacchi (29,9%) l’aggressore è risultato ubriaco o drogato. Anche qui situazione praticamente stabile rispetto allo stesso periodo del 2021, quando la percentuale si attestava al 30,2%.
Come si aggredisce. Il dato scioccante, almeno a titolo personale, riguarda la modalità con cui si sono verificate queste aggressioni: i249 casi (18,2%) è stata utilizzata un’arma propria o impropria. Qui abbiamo un campionario di tutto rispetto, mica robetta come al Nord Europa: bastoni, oggetti vari o, addirittura, l’automobile stessa… ‘utilizzata’ per travolgere l’agente (!) nel corso di una normale e doverosa operazione di controllo.

«Tutto questo – lamenta l’Asaps – avviene nell’indifferenza pressoché totale dell’opinione pubblica e della stessa politica. Posizione pericolosa e ingenua. Del dilagare della violenza contro le divise sulla strada dovrebbero invece preoccuparsi per primi i cittadini, ancor più degli Agenti e Carabinieri». Del resto «dopo l’argine ci sono loro come destinatari e vittime  di una violenza sempre più tracotante e ormai di fatto quasi impunita».    

Una soluzione? Più Campagne nazionali di Comunicazione responsabile    

Dopo i fatti un paio di osservazioni, in questo caso del tutto personali.

Punto primo: i numeri, piccoli o grandi (direi più grandi) che siano, fanno impallidire chi legge e segnalano un innato senso di disprezzo da parte di molti verso chi svolge un servizio così importante come quello del controllo in strada. Aggredire o, aggiungo io, anche solo prendersela di brutto con agenti di Polizia e Carabinieri poiché colti in fallo o solo perché siamo stati fermati in modo random è infantile e vigliacco. Senza sfociare in luoghi comuni pericolosi,  sappiamo bene come fuori dai nostri confini ci trasformiamo, anzi ci ridimensioniamo, una volta fermati in strada per un controllo: diventiamo miti come agnellini. Collaboriamo eccome pur di toglierci dalla situazione il prima possibile. Una volta rientrati in Italia, invece, questa collaborazione spesso, anche se non sempre, svanisce di colpo e allora sono guai. Guai grossi.

Punto secondo: nonostante viviamo nel Terzo millennio, in strada si muore ancora come mosche, oppure ci si ferisce più o meno gravemente. Tutto questo non è più sostenibile: soprattutto adesso che, a differenza di prima, abbiamo i numeri a documentarci sulle tragedie occorse e, soprattutto, maggiori consapevolezze su come risolvere il problema.

In proposito, la terza domenica del mese di novembre si celebra la Giornata Mondiale in memoria delle Vittime della Strada. Come ci ricorda il video a cura di IRVP (Road Victims Partnership) si tratta di un appuntamento da una parte doloroso anche solo se proviamo a pensare agli ultimi episodi tragici che si sono ad esempio verificati a Roma; dall’altro, invece, si tratta di un momento che richiama l’attenzione non già sul singolo fatto di cronaca, ma sul senso di responsabilità a cui siamo chiamati tutti noi, in ogni istante, quando siamo alla guida.

 

Punto terzo, a sua volta legato al secondo.  E’ un mio cavallo di battaglia: per abbassare il numero delle vittime della strada servono sì quanti più controlli e autovelox/tutor possibili, servono senz’altro vigili urbani e agenti, ma prima di tutto questo è assolutamente necessaria una campagna di comunicazione massiccia, esattamente come quella a cui ci sottopone di continuo il mondo automotive, magari tra il primo e il secondo tempo di una qualsiasi partita di calcio. Avete idea del bombardamento a cui siamo sottoposti? Per quanti minuti vi siamo esposti? E’ la pubblicità, bellezza.

Per converso, allora, visto che è la pubblicità, trasformiamo o prendiamo spunto dalle decine di spot che ‘girano’ nell’arco di due ore di match e che ci suggeriscono – senza sosta – l’auto migliore da acquistare. Vogliamo lanciare messaggi responsabili che salvino vite? Rubiamo con gli occhi, ma soprattutto pressiamo privati e governo centrale affinché stanzino fondi ad hoc e degni di essere definiti tali. Niente elemosine, ma investimenti ingenti, da destinare a questo tipo di campagne sociali e che, a mio avviso, valgono più di cento vigili assunti da una qualsiasi Pubblica Amministrazione.

Punto quarto (e ultimo). Battiamoci per una moderazione del traffico veicolare nelle grandi città. Ciascuno di noi ha l’obbligo di chiedersi cosa stia facendo in tal senso. Prendiamo autobus, treni, metropolitane, tram e, naturalmente, sfruttiamo la mobilità attiva attraverso bici e, perché no (?), monopattini elettrici. Ogni tanto cerchiamo di essere coraggiosi e di preferire mezzi alternativi all’auto in città, che di spazi per parcheggiare non ce ne sono più!

In sintesi

– Martellare il pubblico e nel momento di massima attenzione per ricordare che aggredire una divisa in strada nuoce gravemente non solo alla salute dell’aggredito, ma soprattutto dello stesso aggressore.
– Martellare il pubblico ricordando che superare i limiti di velocità può causare a stragi stradali anche se hai un’auto di ultima generazione.
Proviamo (ho scritto ‘proviamo’) a scendere a patti con l’automotive e a non combatterlo ogni giorno e basta. A livello di lobbing apprezziamone, da un lato, gli sforzi compiuti per migliorare il sistema frenante e quello di rilevamento del pericolo, ormai di serie su gran parte dei veicoli circolanti. Dall’altro, però, esercitiamo pressioni (fin dove possibile) per creare spot in cui si spinga verso il rispetto reale (non presunto) dei limiti di velocità. Per fare tutto questo non serve creatività, che ne abbiamo da esportare all’estero più di altri, ma ‘solo’ soldi. Soldi veri.

 

 

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.